Come reagiamo davanti all’incertezza
In questo video e nel sottostante articolo riporto il mio intervento dell’8 giugno 2021 al PA Social Day, evento online con collegamenti da 18 città italiane e dedicato alla comunicazione e all’informazione digitale.
Il contesto era quello pandemico e la mia riflessione verteva su come le condizioni di incertezza derivanti dalla situazione mondiale possano aver impattato sulla comunicazione e sull’identità, in merito ai concetti di salute e di promozione della salute.
Il titolo che ho scelto per il mio intervento è la comunicazione dell’incertezza.
Ovvero come l’esperienza della pandemia ha fatto confrontare i cittadini con l’incertezza – intesa come la condizione che più spinge gli esseri umani a trovare senso e significati, individuali e collettivi, attraverso i quali si costruisce e si ridefinisce la propria identità.
Uso il concetto di identità come l’insieme delle caratteristiche che si definiscono e si costruiscono nella continuazione interazione con sé stessi e gli altri di riferimento, interazione che genera definizioni mutevoli nel tempo e variabili a seconda dei contesti.
Mi sono chiesto se i fenomeni oggetto della nostra discussione odierna e relativi alle tecnologie digitali e al loro utilizzo, possano essere letti come modalità di ricerca dell’identità e come siano stati impattati dall’incertezza a cui accennavo pocanzi.
Consideriamo il contesto dell’ultimo anno e mezzo, caratterizzato dall’emergenza sanitaria – ovvero una situazione nella quale la priorità è stata data al riconoscimento degli aspetti sanitari, cioè quelli relativi alla presenza/assenza della malattia organica Covid 19 e al contenimento della sua diffusione, mentre gli aspetti psico sociali della salute sono stati fortemente messi in discussione o non riconosciuti.
Le parole sono importanti, generano le realtà che poi abitiamo.
Infatti, se fosse stata un’emergenza della salute – salute intesa secondo la definizione della stessa OMS, che considera gli aspetti psico-sociali oltre a quelli biologici/organici, quale contesto si sarebbe generato?
Magari alla prossima pandemia saremo più preparati.
Ad ogni modo come cittadini ci siamo dovuti confrontare con l’incertezza come mai era successo prima.
Le istituzioni sanitarie e politiche hanno interpellato la scienza e la medicina per cercare l’unico antidoto possibile all’incertezza, la spiegazione.
Ma l’incertezza è intrinseca nelle scienze: le cui teorie sono vere finché non vengono falsificate, o si basano su previsioni di tipo probabilistico – dunque caratterizzate da un certo grado di imprevedibilità.
La falsificazione delle ipotesi e la presentazione di scenari probabilistici sull’andamento della pandemia si sono succeduti e moltiplicati a seconda delle voci chiamate a dare una spiegazione. È il normale processo scientifico, forse non tutti lo sapevamo.
Ciò è accaduto ad una velocità tale, che ha reso difficile la razionalizzazione e la comprensione di ciò che stava accadendo.
Un vero e proprio shock per il senso comune, un trauma, direbbero i miei colleghi, che ha generato le tipiche reazioni di attivazione (ansia fino all’angoscia) e stress, sentimenti di sfiducia e pensieri di peggiore scenario con inevitabili ricadute sull’umore. Stati d’animo da gestire in qualche modo, pena la sopravvivenza individuale.
È stato evidente come la comunicazione istituzionale preposta alla gestione della pandemia, abbia mostrato diversi aspetti critici, da questo punto di vista.
Possiamo ipotizzare che l’esperienza dell’incertezza dell’ultimo anno e mezzo possa aver impattato sulla nostra identità personale e sociale di cittadini, oltre ad avere generato comportamenti anomali ma finalizzati alla gestione dello stato di attivazione a cui accennavo prima?
Come esseri umani cerchiamo risposte all’incertezza generando teorie che spiegano la realtà. Così sono stati creati i miti, le religioni, i sistemi di pensiero, le civiltà e le società in forme organizzate. La storia dell’uomo potrebbe essere letta come storia della gestione dell’incertezza.
È in gioco la costruzione dell’identità individuale e collettiva.
Sappiamo oggi che i processi di definizione dell’identità passano anche attraverso le interazioni sociali online in un continuum con quelle della vita reale, a tutte le età.
La rete internet e i SN sono mezzi attraverso i quali possiamo costruire la rappresentazione di noi stessi che vogliamo rendere pubblica e confrontarla con quella degli altri, cercandone conferma.
La conferma la cerchiamo per similitudine di pensiero, di esperienze e di sentimenti con gli altri. Ci riconosciamo, creiamo affiliazione e ci sentiamo appartenenti a gruppi nei quali percepiamo gli altri come simili a noi, in contrapposizione a quelli che percepiamo come differenti.
L’incertezza e soprattutto l’isolamento dovuto alla situazione pandemica ha spinto esponenzialmente in ognuno di noi la ricerca di appartenenza, ricerca che avviene anche per esclusione e contrasto con ciò che non mi appartiene perché percepito diverso da me.
E al diverso da me si possono riservare sentimenti di paura, rabbia, disprezzo, odio, pregiudizio. Un processo che ci separa dall’altro, ce lo rende avverso, col rischio di generalizzare un sentimento di alterità e conflitto con la realtà circostante.
Sono i fenomeni che la psicologia sociale ha descritto come dinamiche di gruppo ingroup/outgroup, processi che forse possono offrire chiavi di lettura e modalità di gestione anche ai fenomeni di bullismo e cyberbullismo o al fenomeno dell’hate speech.
La ricerca psicologica conferma che l’ambiente nel quale gli esseri umani agiscono può modificare (e di fatto modifica) il loro comportamento. In determinate circostanze o contesti – o situazioni eccezionali come quelle offerte da una pandemia mondiale – chiunque può agire in maniera non coerente con il proprio comportamento abituale. Inoltre, internet non aiuta la riflessione rispetto all’uso e alle conseguenze dei propri atti, ma li rende immediati e impulsivi.
Concludo con una riflessione.
In un’ottica adattiva tipica della specie umana, imparare dalla propria esperienza è un potente generatore di cambiamento.
Questa emergenza sanitaria ci ha ricordato, se ancora ce ne fosse bisogno, l’importanza della promozione della salute, ovvero la riflessione sulle modalità attraverso le quali come individui costruiamo la nostra identità psicologica e sociale, rispetto alle dimensioni di senso benessere/malessere, salute/malattia.
Solo attraverso questa riflessione, non solo individuale, ma anche collettiva, sociale, politica ed educativa possiamo aspettarci che si possano generare modalità interattive e comunicative più adeguate all’idea di salute che ognuno di noi e come collettività vogliamo realizzare.
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