Il rapporto genitori e figli è una costruzione a lungo termine
Avere obiettivi educativi a lungo termine ed essere punti di riferimento per creare rapporti positivi con i figli.
Questo articolo sintetizza due aspetti maggiormente evidenziati dalle teorie, dagli studi e dalle ricerche in ambito psicologico sul tema dei rapporti genitori e figli.
Uso il termine “genitore”, intendendo chiunque si occupi continuativamente e con costanza di accompagnare nella crescita un altro essere umano, dalle prime fasi della sua esistenza, al tempo in cui raggiunge l’autonomia sociale, emotiva e relazionale.
Da questo punto di vista, fare il genitore è una delle esperienze più ricche di complessità e di significati, spesso ambivalenti tra loro. Essere genitori è un lungo training di incertezza, derivante dall’avere a che fare con un individuo che cresce e si differenzia dalle proprie origini.
Per descrivere il ruolo di genitore si possono utilizzare parole come amore, gioia, orgoglio insieme ad altre come impegno, sacrificio, dedizione, che comunque spingono a dare il meglio di sé.
In alcune situazioni, l’esperienza di un genitore può essere descritta con parole che rappresentano sentimenti e sensazioni di delusione, rinuncia e fallimento, accanto a momenti in cui la capacità di gestire lo stress, la pazienza e la rabbia sono messi a dura prova.
Allo stesso modo dei significati che attribuiamo alla nostra esperienza quotidiana, anche quelli che un genitore attribuisce a sé stesso in termini di “essere capace”, possono impattare sulle modalità di gestire la relazione con il figlio, durante tutto il periodo della sua crescita.
Una gran mole di studi e ricerche a livello scientifico hanno affrontato il tema dei rapporti genitori e figli, che rimane un tema fortemente influenzato dai valori e dai costumi in uso in un dato periodo sociale ed economico.
Nonostante la mutevolezza dei significati e la transitorietà dei suggerimenti forniti dagli studiosi, emergono due aspetti dai quali derivano molte delle indicazioni che vengono date ai genitori che chiedono “istruzioni per l’uso”.
Suggerisco di leggere gli aspetti e le considerazioni che ne derivano come occasioni per riflettere sulle proprie modalità di agire come genitori.
1. Avere obiettivi educativi a lungo termine
Cosa sono gli obiettivi educativi? Tutto ciò che come genitori si pensa debba diventare parte dell’educazione dei figli, come:
– valori personali e sociali fondativi della persona come il rispetto di sé e degli altri, l’esercizio e il limite della propria libertà, l’onestà, l’altruismo…;
– l’espressione e la realizzazione della propria individualità, dei propri pensieri e sentimenti in armonia con le persone circostanti;
– modi di vivere e di comportarsi con sé stessi e gli altri;
– le conoscenze rispetto alla propria storia personale, familiare e del proprio paese di origine o nel quale si vive;
– le regole sociali e relazionali relative alla convivenza con altre persone.
Concentrarsi sul lungo termine può aiutare a valutare l’importanza da attribuire alle contingenze della quotidianità, che per loro natura sono passeggere rispetto al tempo della crescita di un figlio.
Rimettere a fuoco il lungo termine può essere un modo per gestire il breve termine delle difficoltà quotidiane, ridimensionandole.
2. Essere un punto di riferimento
Significa mostrare, spiegare, discutere, offrire consigli, suggerimenti e incoraggiamenti a migliorare, con pazienza e adeguatamente all’età, accettando anche pensieri e comportamenti differenti da quelli attesi o desiderati, nel rispetto delle differenze genitore – figlio.
Cercare di capire le difficoltà dei figli e provare a trovare soluzioni o modalità di gestione alternative, è fondamentale nella costruzione del rapporto di fiducia reciproca.
Dare informazioni e comunicare in modo chiaro e senza ambiguità, anche sui temi “difficili” che mettono in difficoltà prima di tutto l’adulto.
È necessario informarsi, sapere cosa e come rispondere alle domande che potrebbero essere poste lungo il percorso di crescita.
Essere un punto di riferimento implica per un genitore:
– fungere da modello di comportamento e di pensiero, promuovendo modalità autonome di comportarsi e di pensare;
– coinvolgere i figli nella costruzione delle regole della convivenza familiare;
– spiegare i motivi delle regole familiari e sociali;
– spiegare il proprio punto di vista e accogliere quello del figlio, motivando le scelte, se necessario;
– non coprire gli errori ma commentarli insieme e trovare modalità alternative;
– dare le informazioni adeguate e corrette per prendere le decisioni e aprire un dialogo, anche rispetto alle relazioni sentimentali e sessuali, ai comportamenti in gruppo e alle relazioni amicali, online e offline.
– non lasciarsi andare all’emotività incontrollata come la rabbia, alle minacce, alle coercizioni: l’effetto indotto è esattamente il contrario di quanto si vuole ottenere;
– cercare di controllare le proprie paure, ansie e preoccupazioni, senza che queste diventino un ostacolo alla relazione o impediscano la naturale tendenza alle nuove esperienze dei figli;
– ascoltare senza pregiudizio.
Nell’ascolto delle famiglie nel mio lavoro clinico di costruzione e di potenziamento delle abilità genitoriali, riscontro questi aspetti sopra descritti come sempre presenti nelle problematiche familiari.
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